Perché sposarsi in chiesa?

Quand’ero parroco di San Lorenzo anch’io, come ogni parroco è solito fare, organizzavo tutti gli anni un percorso di preparazione al matrimonio cristiano, che affidavo soprattutto alla competenza di alcune coppie di sposi. Molti di quelli che partecipavano già convivevano da anni. Ormai va di moda. Alla domanda di rito: “Perché vi sposate?”, la risposta era quasi sempre la stessa: “Perché ci vogliamo bene!”. Il matrimonio in chiesa non era altro che il coronamento di un amore reciproco. Proprio come la convivenza. “Ci amiamo, quindi stiamo insieme”, “Ci amiamo, quindi ci sposiamo in comune o in chiesa”. “Ci amiamo, quindi…”. Niente di più fragile e di più soggetto all’usura del tempo! Se il fondamento di una convivenza o di un matrimonio è solo l’amore reciproco, facilmente, alle prime difficoltà, quando quell’amore iniziale viene meno, l’espressione si trasforma in “Non ti amo più, quindi ti lascio”.

Sposarsi significa guardare nella stessa direzione

Lo scrittore francese Saint-Exupéry, quello del Piccolo principe tanto per capirci, diceva che la differenza fra due innamorati e due sposi consiste nel fatto che due innamorati sono due persone che si guardano felici negli occhi e due sposi sono persone che condividono un progetto di vita, che si tengono per mano e che guardano felici in avanti nella stessa direzione. Differenza fondamentale. La prima scelta è soggetta all’usura del tempo e agli umori delle persone. La seconda è garantita dalla solidità del progetto.

E qui entra in gioco il “matrimonio cristiano”. E’ il progetto di vita proposto da Gesù. E’ l’incontro di un uomo e di una donna che si tengono per mano, aperti a generare nuove vite e che guardano nella direzione dello stesso progetto condiviso. E’ il progetto cristiano che dà solidità all’amore reciproco. L’amore da solo non basta!

“Una corda a tre capi non si rompe tanto presto”

“Meglio essere in due che uno solo”, si legge nella Bibbia per bocca del saggio Qoèlet. Perché condivisa in due la fatica è più facilmente sopportabile. Se uno cade l’altro lo aiuta a rialzarsi. Se dormono insieme si riscaldano reciprocamente. Se uno è aggredito, l’altro lo difende. E poi conclude in modo inatteso: “Una corda a tre capi non si rompe tanto presto”. Eccolo il segreto. Il terzo a cui fa riferimento il saggio è il Signore. Sposarsi in chiesa è sposarsi “nel Signore”. Che non sarà il terzo incomodo che distruggerà l’amore dei due, ma il collante che renderà stabile e duraturo quell’amore. “Con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre”. Un “sempre” che fa paura se non è reso solido dalla “grazia di Cristo”.

Conclusione: meno matrimoni in chiesa e maggiore consapevolezza in chi scegli di “sposarsi nel Signore”.

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