Condivido con voi, amici lettori, una frase del poeta francese Paul Claudel (1868-1955) che dice pressappoco così: “Gesù non è venuto a sopprimere la sofferenza. Neppure è venuto a spiegarla. Ma è venuto per riempirla della sua presenza”. E’ il vangelo di questa domenica che ha riportato alla superfice della mia riflessione questo pensiero di Claudel. Si parla della compassione di Gesù nei confronti di un lebbroso condannato, per paura di contagio, alla totale emarginazione. Niente famiglia, niente amici, niente lavoro, niente preghiera comune. Totale assenza di relazioni. E Gesù invece si lascia prendere dalla compassione, gli tende la mano, lo tocca e lo guarisce. Lo reimmette in un circuito di relazioni. Non lo tratta come un rifiuto, come uno “scarto” (così lo definisce papa Francesco). Lo guarisce.
Come Gesù, ci ricorda Claudel, anche noi siamo chiamati a riempire la sofferenza con la presenza, con la com/passione, con la vicinanza. Non possiamo togliere la malattia, ma possiamo riempire la solitudine del malato con la nostra vicinanza. Buon lavoro a tutti i volontari che dedicano tempo per riempire la solitudine dei malati negli ospedali, nelle case di riposo o nelle proprie abitazioni.